Nella contea di Kent il 14 marzo 1869, ovvero 145 anni fa, nasceva lo scrittore Algernon Blackwood. Durante la gioventù studiò presso le scuole di diverse nazioni europee; in seguito migrò in Canada per poi trasferirsi negli Stati Uniti praticando il mestiere di giornalista (fu anche segretario di un banchiere e venditore di latte in polvere). All’inizio del 1900 fece ritorno nel vecchio continente e diede inizio a una fruttuosa carriera di scrittore di storie orrorifiche. In breve tempo, grazie a una produzione ingente, divenne un punto di riferimento della narrativa soprannaturale. Com’è scontato in casi come questo, ossia quando ci si trova al cospetto di un valente autore, il suo nome è pressoché sconosciuto sul suolo italico. I motivi sono molteplici: vuoi perché occorrerebbe una certa dose di coraggio da parte degli editori; vuoi perché questo genere, come anche la fantascienza, è ritenuto scadente; vuoi perché “l’orrore” è considerato un mercato di nicchia; vuoi perché la conoscenza di certi narratori del terrore è appannaggio di pochi preparati studiosi (o appassionati) e questi non fanno parte dell’organigramma di alcuna casa editrice. Negli anni in nostro aiuto sono giunte alcune pregevoli raccolte organizzate dalla Fanucci (“Colui che ascoltava nel buio” e “John Silence”), più una della Mondadori, una delle Edizioni Theoria e una, recentissima, della Utet; in più vi sono svariate generiche raccolte dell’orrore che includono diversi racconti che però sono sempre gli stessi sei o sette.
Ma oltre ai generici racconti del terrore è un’altra la creazione rilevante di Blackwood: John Silence. Costui è un’inflessibile investigatore puritano protagonista di sei racconti nei quali dovrà confrontarsi con situazioni soprannaturali. E’ dunque un esimio esponente della categoria degli “indagatori dell’occulto”. John Silence è una derivazione del dottor Martin Hesselius di J.S.Le Fanu e dello Sherlock Holmes di sir Arthur Conan Doyle. Nelle sue avventure si troverà a indagare su vari aspetti delle scienze occulte e riuscirà a venirne a capo brillantemente. L’influenza, anche se celata, delle teorie della Golden Dawn è evidente in queste storie: la voglia di sollevare il velo, di penetrare il mistero oltre la cortina della realtà, è tipica degli appassionati di misticismo ed esoterismo. A differenza di quanto avviene nei casi di un altro celebre indagatore dell’incubo, Carnacki (ne parleremo in futuro), qui il sovrannaturale è sempre tale; in ogni “caso” le porte occulte si aprono e vomitano nel mondo reale la loro insondabile manifestazione. Tre di questi racconti sono indubitabilmente di valore (gli altri toccano corde eccessivamente sensazionalistiche e sono piuttosto scostanti), in particolare non posso non citare “Antiche stregonerie”: una pittoresca cittadina francese fa da contorno a una misteriosa vicenda con protagonisti degli incredibili gatti. Le pagine di questa vicenda trasudano un’atmosfera unica. Tutto ciò rappresenta solo una parte infinitesimale della produzione di Blackwood che scrisse fino a tarda età e morì a 82 anni avendo pubblicato circa 30 volumi.
Blackwood ha scritto riguardo alla creazione dei suoi racconti: “il vero racconto sovrannaturale dovrebbe uscire da quel nucleo di superstizione che si annida in ciascuno di noi; e siamo ancora abbastanza vicini ai tempi primitivi con il loro terrore per l’oscurità, perché la Ragione abdichi senza eccessiva resistenza”
Buon Anniversario Algernon!