Lost in Translation: 5 titoli improbabili!

Visto che è Ferragosto ci sta qualcosa di leggero e rapido da leggere, ecco cos’ho partorito: è notorio, i “titolisti” nostrani sono specializzati in nefandezze inenarrabili: c’è da stuprare un titolo, cambiandone intenti e significato? Serve far mostra di grande idiozia inserendo prurigginosità fittizie? Loro sono la soluzione! Le pellicole che hanno subito modifiche in peggio sono innumerevoli ma probabilmente quella che ha patito l’onta maggiore è stata “Se mi lasci ti cancello”. Titolo paradigmatico circa la dabbenaggine di chi l’ha partorito: non si sarebbe potuto scegliere nulla di peggiore. Optare per una soluzione del genere ha fatto pensare agli appassionati cinefili all’ennesima sciocchezza sentimentale tenendoli lontani dalle sale che invece sono state visitate da un tipo di pubblico abituato a un cinema “cheap”. Perché il film in questione è un filmone, uno di quelli da vedere per forza. Probabilmente “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” (2004) era troppo difficile da tradurre con  “L’infinito fulgore di una mente candida” (verso che arriva da un componimento di Alexander Pope). Questa introduzione mi serviva per poter parlare di “5 titoli improbabili”! Potrebbe diventare un post a cadenza mensile, il materiale non manca.

The hunger

The hunger

Miriam si sveglia a mezzanotte” (“The hunger”, 1983) di Tony Scott: l’elegantissimo film di Scott, il cui scarno titolo inglese era “La fame” (si parla di patinati vampiri) diventa, inspiegabilmente, “Miriam si sveglia a mezzanotte”! Che poi Miriam,  una raffinatissima Catherine Deneuve, non si sveglia affatto a mezzanotte (o, quantomeno, non è quello il punto focale della narrazione)! Probabilmente l’intento era suggerire un qualche allusione erotica circa le pratiche di Miriam dopo la mezzanotte…  

 

 

 

Paradiso Perduto

Paradiso Perduto

Paradiso perduto” (“Great Expectations “, 1998) di Alfonso Cuaron: mi chiedo, perché? Il film, niente di fenomenale, si rifà in chiave contemporanea al celebre romanzo “Grandi speranze”, dal quale infatti  prende il  titolo originale in inglese, del sommo Charles Dickens; per quale motivo tradurlo in italiano con quello di un’opera del poeta John Milton? Sarebbe come se Giuseppe Tornatore girasse “La Divina Commedia” e  in Inghilterra uscisse nei cinema come “The betrothed”, ovvero “I promessi sposi”!

 

 

 

Questa ragazza è di tutti

Questa ragazza è di tutti

Questa ragazza è di tutti” (“This property is condemned”, 1966) di Sydney Pollack: il titolo originale suonerebbe  come “Questo edificio è pericolante” e si rifà a un’opera drammatica di Tennessee Williams (il quale probabilmente si sta rotolando nella tomba).  Natalie Wood e Robert Redford sono protagonisti di una storia malinconica, disperata e pudica; perché il titolo italiano fa pensare a un film a luci rosse?

 

 

 

 

Con una mano ti rompo con due piedi ti spezzo

Con una mano ti rompo con due piedi ti spezzo

Con una mano ti rompo con due piedi ti spezzo” (“One Armed Boxer“, 1972) di Jimmy Wang Yu: prodotto dalla leggendaria Golden Harvest giunse in Italia sull’onda del successo dei primi film di Bruce Lee; probabilmente era troppo difficoltoso renderlo come ”Il Boxer (ribelle cinese che praticava il Kung fu) con un braccio solo” (titolo che si rifaceva all’antecedente saga degli “spadaccini monchi” di Chang Cheh), infatti è stato scelto qualcosa di assolutamente incredibile e idiota: “Con una mano ti rompo con due piedi ti spezzo”!

 

 

 

NOn drammatizziamo... è solo questione di corna

NOn drammatizziamo… è solo questione di corna

Non drammatizziamo… è solo questione di corna” (“Domicile conjugal”, 1970) di François Truffaut: il sublime regista francese è stato uno dei più tartassati; la sua ottima pellicola, che in italiano avrebbe dovuto essere un tranquillo “Domicilio coniugale”, è stata malamente tradotta con “Non drammatizziamo… è solo questione di corna”, titolo da denuncia penale! Chiunque leggendolo potrebbe pensare a Fenech, Alvaro Vitali e Lino Banfi; invece si tratta del prosieguo delle avventure del timido Antoine Doinel. Si è optato per qualcosa di vergognoso per attrarre nelle sale il pubblico che da lì a pochissimo avrebbe assaltato i cinema per gustarsi la nascente “commedia sexy all’italiana”.

Lost in Translation: 5 titoli improbabili!ultima modifica: 2014-08-15T19:31:40+02:00da baronbodissey
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